Era l’estate del 1939 allorché mi resi conto delle attenzioni particolari
dedicatemi da Tonino, la persona con cui avrei condiviso il talamo nuziale per
oltre sessanta anni.
Avevo da poco compiuto i quattordici anni,
lui non ne aveva ancora compiuti venti e non appaia strano che, a quei tempi, un
amore sbocciasse già in età così tenera, soprattutto la mia. Mio padre era molto
severo sull’argomento ai limiti dell’intransigenza ed io ero costretta ad
incontrarmi col mio spasimante esclusivamente
di nascosto e, oltretutto,
piuttosto raramente. Vivevamo in cascinali di poderi limitrofi in quel di
Collemezzano, nell’entroterra Cecinese, e le occasioni per incontri in intimità
erano davvero rare: ci scambiavamo languide occhiate nei fugaci, occasionali
incontri che avvenivano nell’arco della giornata, durante le brevi pause
concesse dal duro lavoro dei campi, o ci concedevamo poche effusioni, nascosti
dietro i pagliai sull’aia o nel fienile, al riparo da sguardi
indiscreti.
Qualche volta, sempre all’insegna della più
totale clandestinità, gli scrivevo struggenti lettere che affidavo ad una vicina
di casa nonché amica comune, affinché provvedesse a recapitarle a destinazione.
Lui, utilizzando lo stesso metodo, mi rispondeva puntualmente. Nelle missive
amorose ci confessavamo i sentimenti reciproci, promettendoci ed auspicandoci
una vita insieme all’insegna dell’amore più profondo e della fedeltà
reciproca.
Inutile rimarcare che, un po’ per la
mia giovane età, un po’ per l’assenza d’occasioni, la nostra relazione di quel
periodo si limitava allo scambio di qualche sfuggevole e struggente bacio a fior
di labbra e niente più: era la più classica e platonica delle relazioni tra un
uomo ed una donna o, per meglio dire, tra un quasi uomo ed una ragazzina
quattordicenne.
Il nostro immateriale rapporto si
protrasse fino a poco prima del 3 gennaio del 1941 allorché il mio uomo
ricevette la cartolina precetto che lo convocava ad assolvere gli obblighi di
leva a Voghera, presso il 13° Reggimento
Cavalleggeri di “Monferrato”.
A quel punto, mio malgrado tuttavia
confortata dal fatto che avrei compiuto sedici anni di lì a meno di un mese, fui
costretta ad affrontare la severità del mio burbero padre confessandogli il mio
interessamento per quel giovane militare e chiedendo l’autorizzazione ad
instaurare con Tonino (così veniva chiamato all’epoca) almeno la relazione
epistolare che mi avrebbe consentito di rimanere legata a lui nel lungo periodo
del servizio di leva, i canonici diciotto mesi (salvo, ahimé, complicazioni!).
La prospettiva della chiamata al fronte, oltretutto, conferiva a quella
richiesta un’intensità alla quale mio padre dimostrò di non poter resistere. La
nostra storia d’amore assunse tutti i crismi dell’ufficialità allorché Tonino,
qualche sera prima della partenza, si presentò all’uscio di casa con un
mazzolino di fiori di campo, per mia madre ed una bottiglia impolverata di vino
invecchiato, per mio padre. L’intento, per niente celato, era quello di
comunicare a mio padre Florindo, soprannominato Buccia, tanto per la dura scorza
quanto per il carattere irrequieto, le sue ferme intenzioni nei confronti miei e
della famiglia tutta. Il buon esito del colloquio stabilì, di fatto, l’inizio
del nostro fidanzamento.
Durante il periodo di leva, quotidianamente
gli scrivevo una lettera, una cartolina o gli inviavo una fotografia con tanto
di dedica a tergo e lui puntualmente rispondeva con altrettanto ardore e
passione.
“Offro a te mio caro amore con profondo
affetto.
Assieme alle mie amiche sono
la tua cara Giorgia”.
Si legge sul retro di un’istantanea
in cui faccio parte di un gruppo di amiche e conoscenti ritratte da chissà chi
durante una pausa dal duro lavoro dei campi.
“Col
più grande affetto, dono a te mio unico e
caro tesoro. Ti ricordo con
affetto.
Ti abbraccio e ti bacio
caramente, tua Giorgia”.
Recita il retro di una foto che mi
raffigura seduta su una sedia nella sala di posa del fotografo, mentre
un’istantanea che lo ritrae nell’impegnativo salto di un ostacolo riporta a
tergo:
“Un
ostacolo che ricorda tutta la mia vita militare:
a te l’offro, a te mio amore ricordandoti
sempre.
Un bacio e un saluto.
Tonino”.
Una fotografia in cui Tonino è appoggiato
al muro della caserma, in divisa da cavalleggero con la sigaretta in mano
durante una breve pausa al termine del rancio, riporta la
dedica:
“Offro con affetto alla mia
cara.
Ti bacio e ti abbraccio, tuo caro
Tonino.
Dopo il rancio ed il
desiderio di una sigaretta”.
Si evince una vena poetica nella dedica a
tergo di una foto di Tonino in compagnia di un paio di commilitoni che egli
definisce “intimi amici”:
“Un
forte abbraccio,
un bacio ed un saluto
sincero:
questo è il tuo amore
cavalleggero”.
Le lettere che ci scambiavamo, purtroppo,
non hanno resistito all’ineluttabilità delle vicende della vita, capitolando
vittime degli innumerevoli traslochi che hanno caratterizzato la nostra lunga
esistenza insieme.
Nei pochi giorni delle uniche tre licenze
ottenute durante la permanenza a Voghera, una quindicina di mesi in tutto,
Tonino ed io sfruttammo l’opportunità ed il privilegio di poterci incontrare
alla luce del sole, scoprendo così che la nostra relazione si stava
profondamente e fortemente consolidando.
A primavera dell’anno successivo
però, il crudele destino, materializzatosi negli infami registi delle nefandezze
dell’epoca, decise di porre un ostacolo enorme sul percorso appena iniziato
della possibile vita in comune. La cartolina ufficiale del 13° Reggimento Cavalleggeri di
“Monferrato”, che ritrae il suo mezzo busto in divisa incorniciato da un
ferro di cavallo, è datata 6 aprile 1943 e riporta a tergo:
“Offro con affetto, tuo Tonino. Baci
cari.
Addio, speriamo a
presto.
Presto te le manderò di nuovo, un
abbraccio, tuo Tonino.
Ricordati di un
cavalleggero”.
18.13.12.9.12.13
7. ogni termine mi porta al
tuo nome”.
Un codice di facile interpretazione
consente di leggere nella sequenza di numeri il nome di “T.O.N.I.N.O.” ed è
altrettanto semplice attribuire la lettera “G”, iniziale di Giorgia, al numero 7
in calce.
Nei ghirigori che ornano le poche
parole sul retro della fotografia intuivo un tentativo di Tonino di comunicare
l’intensità dei propri sentimenti nei miei confronti conferendo loro
l’importanza che si tributa ad un opera d’arte interamente dedicata alla mia
persona.
A Pasqua, pochi giorni dopo, Tonino fu
costretto a seguire le sorti del reggimento d’appartenenza in missione in
Albania.
Il futuro si dipinse a tinte cupe e,
pur tacendocelo reciprocamente negli ultimi strascichi epistolari prima della
partenza, i nostri cuori affogavano in ansie struggenti, come a presagire la
lunga e forzata interruzione nella nostra relazione amorosa. Potevamo aspettarci
di tutto, da quella disgraziata esperienza, perfino la peggiore delle sventure
eppure, sulle ali dell’entusiasmo e della speranza caratteristiche della verde
età, non ho mai realmente disperato per le sorti del mio uomo.
Ho sempre considerato il distacco come un
arrivederci, mai come un addio!
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