sabato 23 luglio 2011

Inizia la storia

Era l’estate del 1939 allorché mi resi conto delle attenzioni particolari dedicatemi da Tonino, la persona con cui avrei condiviso il talamo nuziale per oltre sessanta anni.
Avevo da poco compiuto i quattordici anni, lui non ne aveva ancora compiuti venti e non appaia strano che, a quei tempi, un amore sbocciasse già in età così tenera, soprattutto la mia. Mio padre era molto severo sull’argomento ai limiti dell’intransigenza ed io ero costretta ad incontrarmi col mio spasimante esclusivamente 
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di nascosto e, oltretutto, piuttosto raramente. Vivevamo in cascinali di poderi limitrofi in quel di Collemezzano, nell’entroterra Cecinese, e le occasioni per incontri in intimità erano davvero rare: ci scambiavamo languide occhiate nei fugaci, occasionali incontri che avvenivano nell’arco della giornata, durante le brevi pause concesse dal duro lavoro dei campi, o ci concedevamo poche effusioni, nascosti dietro i pagliai sull’aia o nel fienile, al riparo da sguardi indiscreti.
Qualche volta, sempre all’insegna della più totale clandestinità, gli scrivevo struggenti lettere che affidavo ad una vicina di casa nonché amica comune, affinché provvedesse a recapitarle a destinazione. Lui, utilizzando lo stesso metodo, mi rispondeva puntualmente. Nelle missive amorose ci confessavamo i sentimenti reciproci, promettendoci ed auspicandoci una vita insieme all’insegna dell’amore più profondo e della fedeltà reciproca.
            Inutile rimarcare che, un po’ per la mia giovane età, un po’ per l’assenza d’occasioni, la nostra relazione di quel periodo si limitava allo scambio di qualche sfuggevole e struggente bacio a fior di labbra e niente più: era la più classica e platonica delle relazioni tra un uomo ed una donna o, per meglio dire, tra un quasi uomo ed una ragazzina quattordicenne.
            Il nostro immateriale rapporto si protrasse fino a poco prima del 3 gennaio del 1941 allorché il mio uomo ricevette la cartolina precetto che lo convocava ad assolvere gli obblighi di leva a Voghera, presso il 13° Reggimento Cavalleggeri di “Monferrato”.
            A quel punto, mio malgrado tuttavia confortata dal fatto che avrei compiuto sedici anni di lì a meno di un mese, fui costretta ad affrontare la severità del mio burbero padre confessandogli il mio interessamento per quel giovane militare e chiedendo l’autorizzazione ad instaurare con Tonino (così veniva chiamato all’epoca) almeno la relazione epistolare che mi avrebbe consentito di rimanere legata a lui nel lungo periodo del servizio di leva, i canonici diciotto mesi (salvo, ahimé, complicazioni!). La prospettiva della chiamata al fronte, oltretutto, conferiva a quella richiesta un’intensità alla quale mio padre dimostrò di non poter resistere. La nostra storia d’amore assunse tutti i crismi dell’ufficialità allorché Tonino, qualche sera prima della partenza, si presentò all’uscio di casa con un mazzolino di fiori di campo, per mia madre ed una bottiglia impolverata di vino invecchiato, per mio padre. L’intento, per niente celato, era quello di comunicare a mio padre Florindo, soprannominato Buccia, tanto per la dura scorza quanto per il carattere irrequieto, le sue ferme intenzioni nei confronti miei e della famiglia tutta. Il buon esito del colloquio stabilì, di fatto, l’inizio del nostro fidanzamento.
           
Durante il periodo di leva, quotidianamente gli scrivevo una lettera, una cartolina o gli inviavo una fotografia con tanto di dedica a tergo e lui puntualmente rispondeva con altrettanto ardore e passione.

Offro a te mio caro amore con profondo affetto.
Assieme alle mie amiche sono la tua cara Giorgia”.

            Si legge sul retro di un’istantanea in cui faccio parte di un gruppo di amiche e conoscenti ritratte da chissà chi durante una pausa dal duro lavoro dei campi.

Col più grande affetto, dono a te mio unico e
caro tesoro. Ti ricordo con affetto.
Ti abbraccio e ti bacio caramente, tua Giorgia”.

Recita il retro di una foto che mi raffigura seduta su una sedia nella sala di posa del fotografo, mentre un’istantanea che lo ritrae nell’impegnativo salto di un ostacolo riporta a tergo:

Un ostacolo che ricorda tutta la mia vita militare:
a te l’offro, a te mio amore ricordandoti sempre.
Un bacio e un saluto. Tonino”.

Una fotografia in cui Tonino è appoggiato al muro della caserma, in divisa da cavalleggero con la sigaretta in mano durante una breve pausa al termine del rancio, riporta la dedica:

Offro con affetto alla mia cara.
Ti bacio e ti abbraccio, tuo caro Tonino.
Dopo il rancio ed il desiderio di una sigaretta”.

Si evince una vena poetica nella dedica a tergo di una foto di Tonino in compagnia di un paio di commilitoni che egli definisce “intimi amici”:

Un forte abbraccio,
un bacio ed un saluto sincero:
questo è il tuo amore cavalleggero”.

Le lettere che ci scambiavamo, purtroppo, non hanno resistito all’ineluttabilità delle vicende della vita, capitolando vittime degli innumerevoli traslochi che hanno caratterizzato la nostra lunga esistenza insieme.

Nei pochi giorni delle uniche tre licenze ottenute durante la permanenza a Voghera, una quindicina di mesi in tutto, Tonino ed io sfruttammo l’opportunità ed il privilegio di poterci incontrare alla luce del sole, scoprendo così che la nostra relazione si stava profondamente e fortemente consolidando.

            A primavera dell’anno successivo però, il crudele destino, materializzatosi negli infami registi delle nefandezze dell’epoca, decise di porre un ostacolo enorme sul percorso appena iniziato della possibile vita in comune. La cartolina ufficiale del 13° Reggimento Cavalleggeri di “Monferrato”, che ritrae il suo mezzo busto in divisa incorniciato da un ferro di cavallo, è datata 6 aprile 1943 e riporta a tergo:

Offro con affetto, tuo Tonino. Baci cari.
Addio, speriamo a presto.
Presto te le manderò di nuovo, un abbraccio, tuo Tonino.
Ricordati di un cavalleggero”.
18.13.12.9.12.13
7. ogni termine mi porta al tuo nome”.

            Un codice di facile interpretazione consente di leggere nella sequenza di numeri il nome di “T.O.N.I.N.O.” ed è altrettanto semplice attribuire la lettera “G”, iniziale di Giorgia, al numero 7 in calce.
            Nei ghirigori che ornano le poche parole sul retro della fotografia intuivo un tentativo di Tonino di comunicare l’intensità dei propri sentimenti nei miei confronti conferendo loro l’importanza che si tributa ad un opera d’arte interamente dedicata alla mia persona.

A Pasqua, pochi giorni dopo, Tonino fu costretto a seguire le sorti del reggimento d’appartenenza in missione in Albania.

            Il futuro si dipinse a tinte cupe e, pur tacendocelo reciprocamente negli ultimi strascichi epistolari prima della partenza, i nostri cuori affogavano in ansie struggenti, come a presagire la lunga e forzata interruzione nella nostra relazione amorosa. Potevamo aspettarci di tutto, da quella disgraziata esperienza, perfino la peggiore delle sventure eppure, sulle ali dell’entusiasmo e della speranza caratteristiche della verde età, non ho mai realmente disperato per le sorti del mio uomo.


Ho sempre considerato il distacco come un arrivederci, mai come un addio!

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