Albania. Racconti di un
cavalleggero
Con
il nuovo anno, ho deciso di pubblicare periodicamente tuttavia senza una cadenza
precisa, i racconti contenuti nel libro, per condividere con chi avrà la
pazienza di leggerli, ciò che ho provato io quando ho raccolto le testimonianze
dirette raccontate da mio padre e, in parte, da mia madre.
Chi
avesse fretta di vedere com’è andata a finire, ed io stesso ne sono il risultato
vivente, può sempre richiedere il libro al mio indirizzo E-mail attraverso cui
sarà possibile concordare le modalità della
consegna/spedizione.
Auguro a tutti una buona lettura ricordando che
critiche e, soprattutto, apprezzamenti saranno entrambi
graditi.
La lontananza per
l’amore
è tale al vento per il
fuoco
spegne quello
piccolo
alimenta quello
grande.
* * * * *
La
prefazione di Maria Paola Ciccone
Ho
conosciuto Ermanno Volterrani, consulente tecnico del ramo assicurativo, in uno
degli incontri letterari organizzati dal mio gruppo, il Gruppo Internazionale di
Lettura, fondato dalla scrittrice Renata Giambene nel 1977, sodalizio ancora
oggi attivo e vicino particolarmente agli scrittori esordienti.
Ermanno si è presentato
con una pubblicazione di tutto rispetto, targata ETS, stampata nel 2006
affiancata da un’altra opera già pronta per la pubblicazione: “Albania, racconti
di un cavalleggero”.
Scrittore quasi per
scherzo, come si può leggere nel titolo di un’intervista con foto a tutta pagina
sul Corriere di Livorno del gennaio 2008, il nostro autore racconta di essere
passato dall’amore per la fotografia alla passione per la scrittura.
Spiega Ermanno: – Man
mano che i miei ricordi andavano avanti li scrivevo e poi li mettevo in una
cartella anonima (sul personal computer condiviso con il figlio n.d.r.) proprio
perché a nessuno venisse la tentazione di andarla a vedere, non perché mi
vergognassi ma perché ero veramente geloso del mio lavoro-
Così nasce “da giugno a
settembre”, l’opera prima, che racconta l’estate ed il primo amore di un
adolescente in cui, tra elementi autobiografici e dettagli descrittivi, persino
ridondanti, emerge con evidenza indiscussa l’occhio attento del fotografo
passato alla scrittura. Ma emerge anche una purezza di sentimenti e di valori
che fanno da sfondo alla tenera cotta fra due adolescenti. Valori d’altri tempi
insomma e non puoi non chiederti come abbia potuto Ermanno restare così
incontaminato negli anni, per riuscire a dare la sensazione di aver scritto il
racconto, ambientato all’inizio degli anni Settanta, in tempo reale anziché dopo
oltre 30 anni. Forse il segreto è nell’effetto scrigno che appartiene agli
scrittori più autentici, vale a dire un incameramento inconsapevole di immagini
e ricordi miscelati con emozione e riflessioni, che preservano la memoria dalle
possibili incrostazioni del tempo, lasciando intatta, quando riaffiora, la forza
descrittiva del ricordo che si traduce in parola narrante netta ed
incisiva.
Sempre sull’onda del
ricordo, questa volta dei racconti in famiglia intorno al focolare, ma con una
sintesi espressiva diversa e più agile, si colloca questa seconda opera
“Albania, racconti di un cavalleggero”, sullo sfondo della seconda guerra
mondiale. Il contenuto è stato elaborato
efficacemente da Pier Antonio Pardi e vale la pena proporla:
-
la storia che ci racconta Ermanno è quella di suo padre Antonio (Tonino) e degli
anni che questi ha trascorso in Albania, durante il secondo conflitto mondiale.
E’ una sorta di narrazione quasi diaristica, biografica in cui la vicenda del
padre viene narrata a tutto tondo: le origini contadine, i sani legami con la
terra, l’amore per Giorgina, all’inizio contrastato, poi finalmente appagato, le
amicizie profonde nate sul fronte (Osvaldo e Ardeno), il rapporto quasi
simbiotico con il cavallo Alone e infine la fame, la paura, dopo l’8 settembre,
di essere scoperti e deportati in un campo di concentramento, fino al lieto fine
e al rimpatrio.-
Ermanno dà voce all’amore
di Tonino e Giorgina, i suoi genitori. Storia di fedeltà e di onestà di
sentimenti davvero d’altri tempi, con una partecipazione attenta alla
documentazione trovata nei cassetti di casa: le vecchie foto con dedica in
particolare, che non possono sfuggire all’appassionato di fotografia. Con il suo
stile linguistico così poco connotato, in un italiano corretto e scorrevole, il nostro narratore ci
trasmette la dimensione umana del soldato cavalleggero Antonio, nei suoi punti
di forza e, ancor meglio, in quelli di debolezza, senza enfasi retoriche né
sentimentalismi scivolosi.
Non
è un racconto di eroismi ma piuttosto di cronaca quotidiana in un contesto che
oggi sembra quasi surreale, in cui la guerra è sullo sfondo e sembra
improbabile. Emergono invece i dettagli narrativi tipici dei racconti del
focolare, del vissuto emozionale del padre ancora molto giovane ed inesperto. Si
coglie bene il clima relazionale ed umano del campo militare, tra piccoli
piaceri, sacrifici, illusioni, delusioni e speranze. La narrazione, nel suo
complesso, dà al lettore l’opportunità di mille riflessioni, non solo umane ma
anche storiche e culturali, lascia spazio ad una propria lettura personale,
poiché il ritmo non è pressante, non invade la sfera di chi legge ma porge i
fatti con gradevole, naturale maestria, che favorisce la rilettura in
itinere.
Maria Paola
Ciccone
Presidente
del Gruppo Internazionale di Lettura
Pisa