lunedì 10 gennaio 2011

non me ne pentirò

Albania. Racconti di un cavalleggero
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Con il nuovo anno, ho deciso di pubblicare periodicamente tuttavia senza una cadenza precisa, i racconti contenuti nel libro, per condividere con chi avrà la pazienza di leggerli, ciò che ho provato io quando ho raccolto le testimonianze dirette raccontate da mio padre e, in parte, da mia madre.
Chi avesse fretta di vedere com’è andata a finire, ed io stesso ne sono il risultato vivente, può sempre richiedere il libro al mio indirizzo E-mail attraverso cui sarà possibile concordare le modalità della consegna/spedizione.
Auguro a tutti una buona lettura ricordando che critiche e, soprattutto, apprezzamenti saranno entrambi graditi.
La lontananza per l’amore
è tale al vento per il fuoco
spegne quello piccolo
alimenta quello grande.

* * * * * 

La prefazione di Maria Paola Ciccone

Ho conosciuto Ermanno Volterrani, consulente tecnico del ramo assicurativo, in uno degli incontri letterari organizzati dal mio gruppo, il Gruppo Internazionale di Lettura, fondato dalla scrittrice Renata Giambene nel 1977, sodalizio ancora oggi attivo e vicino particolarmente agli scrittori esordienti.
Ermanno si è presentato con una pubblicazione di tutto rispetto, targata ETS, stampata nel 2006 affiancata da un’altra opera già pronta per la pubblicazione: “Albania, racconti di un cavalleggero”.
Scrittore quasi per scherzo, come si può leggere nel titolo di un’intervista con foto a tutta pagina sul Corriere di Livorno del gennaio 2008, il nostro autore racconta di essere passato dall’amore per la fotografia alla passione per la scrittura.
Spiega Ermanno: – Man mano che i miei ricordi andavano avanti li scrivevo e poi li mettevo in una cartella anonima (sul personal computer condiviso con il figlio n.d.r.) proprio perché a nessuno venisse la tentazione di andarla a vedere, non perché mi vergognassi ma perché ero veramente geloso del mio lavoro-
Così nasce “da giugno a settembre”, l’opera prima, che racconta l’estate ed il primo amore di un adolescente in cui, tra elementi autobiografici e dettagli descrittivi, persino ridondanti, emerge con evidenza indiscussa l’occhio attento del fotografo passato alla scrittura. Ma emerge anche una purezza di sentimenti e di valori che fanno da sfondo alla tenera cotta fra due adolescenti. Valori d’altri tempi insomma e non puoi non chiederti come abbia potuto Ermanno restare così incontaminato negli anni, per riuscire a dare la sensazione di aver scritto il racconto, ambientato all’inizio degli anni Settanta, in tempo reale anziché dopo oltre 30 anni. Forse il segreto è nell’effetto scrigno che appartiene agli scrittori più autentici, vale a dire un incameramento inconsapevole di immagini e ricordi miscelati con emozione e riflessioni, che preservano la memoria dalle possibili incrostazioni del tempo, lasciando intatta, quando riaffiora, la forza descrittiva del ricordo che si traduce in parola narrante netta ed incisiva.
Sempre sull’onda del ricordo, questa volta dei racconti in famiglia intorno al focolare, ma con una sintesi espressiva diversa e più agile, si colloca questa seconda opera “Albania, racconti di un cavalleggero”, sullo sfondo della seconda guerra mondiale. Il contenuto è stato elaborato  efficacemente da Pier Antonio Pardi e vale la pena proporla:
- la storia che ci racconta Ermanno è quella di suo padre Antonio (Tonino) e degli anni che questi ha trascorso in Albania, durante il secondo conflitto mondiale. E’ una sorta di narrazione quasi diaristica, biografica in cui la vicenda del padre viene narrata a tutto tondo: le origini contadine, i sani legami con la terra, l’amore per Giorgina, all’inizio contrastato, poi finalmente appagato, le amicizie profonde nate sul fronte (Osvaldo e Ardeno), il rapporto quasi simbiotico con il cavallo Alone e infine la fame, la paura, dopo l’8 settembre, di essere scoperti e deportati in un campo di concentramento, fino al lieto fine e al rimpatrio.-
Ermanno dà voce all’amore di Tonino e Giorgina, i suoi genitori. Storia di fedeltà e di onestà di sentimenti davvero d’altri tempi, con una partecipazione attenta alla documentazione trovata nei cassetti di casa: le vecchie foto con dedica in particolare, che non possono sfuggire all’appassionato di fotografia. Con il suo stile linguistico così poco connotato, in un italiano  corretto e scorrevole, il nostro narratore ci trasmette la dimensione umana del soldato cavalleggero Antonio, nei suoi punti di forza e, ancor meglio, in quelli di debolezza, senza enfasi retoriche né sentimentalismi scivolosi.
Non è un racconto di eroismi ma piuttosto di cronaca quotidiana in un contesto che oggi sembra quasi surreale, in cui la guerra è sullo sfondo e sembra improbabile. Emergono invece i dettagli narrativi tipici dei racconti del focolare, del vissuto emozionale del padre ancora molto giovane ed inesperto. Si coglie bene il clima relazionale ed umano del campo militare, tra piccoli piaceri, sacrifici, illusioni, delusioni e speranze. La narrazione, nel suo complesso, dà al lettore l’opportunità di mille riflessioni, non solo umane ma anche storiche e culturali, lascia spazio ad una propria lettura personale, poiché il ritmo non è pressante, non invade la sfera di chi legge ma porge i fatti con gradevole, naturale maestria, che favorisce la rilettura in itinere.
Maria Paola Ciccone
Presidente del Gruppo Internazionale di Lettura

Pisa